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“Tu credi nei fantasmi?” – Dark e la trasmissione transgenerazionale del trauma

8 Maggio 2020

Dark

Illustrazione della Dott.ssa Federica Biroli

 

Le prime due stagioni di Dark ci hanno lasciato una serie infinita di domande. Nell’attesa della terza stagione, proviamo a dare una lettura psicologica di ciò che abbiamo visto.

Cosa tormenta i giovani e gli adulti di Winden?

I cittadini di Winden sono impegnati in una frenetica ricerca della verità. Ognuno di loro vive una grande sofferenza dovuta a misteri irrisolti del suo passato. Nella serie, infatti, bambini e adulti scompaiono nel nulla.

Si scopre poco a poco che essi viaggiano nel tempo, restando intrappolati nel passato o nel futuro, o restando vittima di questi spostamenti. Il risultato sono enormi vuoti e mancanze che i cittadini vivono con dolore.

Ciò che più spaventa i personaggi, però, è il fatto di non avere risposte a importanti domande sulla loro vita. Infatti, nella città di Winden, c’è qualcosa che nessuno riesce a spiegarsi: sentiamo ripetere più volte che la città “è gravemente malata”. La giovane Regina Tiedemann inquadra in poche parole il problema:

“Tu credi nei fantasmi? […] Il libro che stiamo leggendo a scuola parla dei fantasmi e dei demoni che ereditiamo dai nostri genitori e che passeremo ai nostri figli. Roba oscura. Di generazione in generazione”. (Regina ad Aleksander)

L’escamotage del viaggio nel tempo è, dunque, un’allegoria. Si riferisce, infatti, all’influenza del passato familiare traumatico nella vita dei personaggi. Le parole di Regina fanno riferimento a Spettri, un dramma borghese di Henrik Ibsen che ha sicuramente dato ispirazione ai produttori di Dark. Il tema sollevato da Ibsen è quello degli effetti del passato sul presente.

La trasmissione transgenerazionale

In psicologia, il fenomeno viene definito trasmissione transgenerazionale. I suoi effetti possono essere, in realtà, molto positivi. Come funziona? E cosa viene tramandato di generazione in generazione?

In poche parole, ogni famiglia tramanda una storia di come è riuscita a cavarsela in passato. Questa storia è un’importante risorsa per affrontare futuri episodi problematici. Infatti, se la famiglia ha superato problemi in passato, potrà farlo anche in futuro. Più in generale, la storia costituisce l’identità della famiglia e fornisce modelli di comportamento e valori con cui identificarsi: è una guida.

Per poter costruire una storia coerente, tuttavia, è necessario possedere una spiegazione di ciò che avviene durante la vita. Tutte le domande (o quasi) devono ricevere una risposta valida.

Nella serie, però, emerge più volte il tema dei segreti in famiglia. I personaggi affermano che nascondere sia un’abitudine frequente (“Non ti preoccupare, ogni famiglia ha i suoi segreti”) e che certe cose non possano essere dette (perché inaccettabili o incomprensibili). Sembra che i personaggi si aspettino ingenuamente che se una cosa non viene detta allora quella cosa non esista. È davvero così che funziona?

Cosa succede dove circolano domande senza risposta? Come reagiscono ai silenzi i figli di Winden?

In realtà, le parole sono solo una piccola parte della comunicazione. I genitori possono trasmettere le loro emozioni e il loro vissuto ai figli anche senza dire nulla. I più piccoli, nella serie, assecondano il comportamento dei genitori (“A lei non piace parlarne, quindi non lo faccio neanche io”). La risposta degli adolescenti, invece, è diversa (“Perché tutti qui hanno i loro schifosissimi segreti?”). Così Jonas, Martha, Magnus e Franziska si trovano a dover cercare risposte alla paura e alla tristezza dei loro genitori usando la loro immaginazione. In questo modo, quelle emozioni si amplificano diventando terrore, disperazione e rabbia incontrollata.

In questi casi, si può parlare di trasmissione transgenerazionale del trauma. Per usare un’immagine, è come se al posto della storia familiare venisse tramandato un puzzle a pezzi, con pezzi oscurati o mancanti. È opportuno in questi casi ricomporre l’immagine e arrivare a una spiegazione di quanto accaduto nel passato. Come fare?

Il “Viaggio nel Passato” in Dark

Nella serie, Jonas viaggia nel tempo nel disperato tentativo di interrompere il ciclo di avvenimenti. Il desiderio che qualcosa “non fosse mai accaduto”, di fronte a eventi difficili da accettare, è del tutto comprensibile. Naturalmente, al contrario di quanto avviene in Dark, è il presente il momento in cui si può lavorare sul passato e sul futuro.

E nel mondo reale? Trauma e Coronavirus

Anche la situazione di distress che tutti stiamo vivendo oggi rappresenta un fattore di rischio per il futuro. Infatti, molte persone, come gli infermieri e i dottori, vivono a stretto contatto con gli effetti più visibili della malattia da covid-19. Altre persone, per effetto delle necessarie misure di contenimento, sentono di avere più difficoltà del solito a tollerare pensieri ed emozioni, o situazioni concrete difficili.

Questa condizione “chiede” molto al cervello perché si resti in una condizione di equilibrio. Il distress elevato e prolungato nel tempo, infatti, aumenta il rischio di burnout, di disturbo post-traumatico da stress (PTSD), di condotte autolesive o suicidarie. Per questo motivo, molti professionisti psicoterapeuti si stanno occupando di aiutare le persone più a rischio o in difficoltà. L’obiettivo è quello di aumentare la consapevolezza sulla situazione che si sta vivendo e, dunque, aiutare le persone a poterla raccontare. In questo modo, oltre a fornire supporto nel presente, è possibile proteggere le generazioni future dai vissuti più spiacevoli di questa situazione. Inoltre, chi oggi è in prima linea potrà essere un modello familiare molto positivo in futuro.

Per concludere

“Il tempo ti sta accanto, lo porti dentro di te”. Queste parole, pronunciate dal cattivo della serie, suonano quasi come una minaccia. In Dark, il tempo è presentato a tratti come un’entità inquietante, soverchiante e oscura. In realtà, come abbiamo visto, l’eredità del passato può essere una risorsa importante per il presente e il futuro.

Inoltre, nonostante sia certamente impegnativo rielaborare e accettare il passato, un’altra buona notizia è che non serve una macchina del tempo per farlo.

 

Dott. Francesco Saviola

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